Grazie Ricccardo per evere inserito questo argomento.
Anni fa andai a Sana'a, la capitale dello Yemen che allora era un po' meno pericoloso per gli stranieri grazie ad un ferreo controllo della dittatura. Era un giro sponsorizzato dall'Unesco che aveva finanziato il restauro della città. Una guida, che teneva il Kalashnikov sotto il sedile e masticava continuamente il qat, accompagnò me e i miei colleghi in un giro di qualche giorno per villaggi, rovine, resti dei secoli passati. Ero abituato, in quello che si chiamava terzo mondo, a trovarmi circondato da ragazzini che chiedevano soldi, per poi consegnarli ai loro racket. Così fu sorprendente vedere in un paese una banda di bambini che ci corse incontro svontolando fogli e quaderni: chiedevano penne, penne biro. Avevamo poca roba a parte quel che serviva per il lavoro. La guida ci suggerì allora di lasciare qualche dollaro; ma un capo-villaggio ci intimò di non farlo perché avremmo esposto quei bambini a grandi rischi. Un dollaro, disse, laggiù era una cifra enorme, che poteva cambiare in peggio le loro vite. Con le penne avrebbero invece potuto disegnare e anche scrivere liberamente. Questo almeno nella traduzione della guida. Chiedemmo perché non usavano le penne della scuola, e l'uomo ci rispose che erano di proprietà del governo e non era permesso portarsele a casa. La guida si innervosì, prese il mitra al contrario e puntò il calcio contro il capo-villaggio. Ci ricordammo di appartenere alla civiltà occidentale e lasciammo tutte le nostre penne tranne un paio; in cambio chiedemmo ai bambini di scrivere qualche frase o disegni. Ci trovammo con dediche in arabo e in dialetto tribale, e poche parole in inglese stentato. La mia fu "Italy Campion": ce l'ho ancora. Dopo molte ore, al rientro in albergo un funzionario ci riconsegnò tutte le penne scusandosi per l'accaduto. Ovviamente protestammo; eravamo preoccupati che in quel villaggio fosse accaduto qualcosa, un dubbio che nessuno risolse. Il funzionario invitò a fare donazioni all'Unesco, che avrebbe senz'altro provveduto a ciò che serviva a migliorare le loro scuole. La mia diffidenza verso queste organizzazioni internazionali ne uscì confermata; del resto a Roma ho assistito spesso alla pacchianeria e allo shopping che accompagnano i summit della Fao che dovrebbe occuparsi di fame nel mondo. E d'altra parte un paese come lo Yemen, pieno zeppo di armi, che bisogno aveva di farsi finanziare dall'Onu le penne dei bambini?
Penso che dovremmo ricordarci più spesso che la sorte ci ha fatto nascere nella minima (geograficamente) parte giusta del mondo, nonostante tutti i problemi attuali dell'Europa. Forza Malala e forza a tutti i bambini che chiedono solo penne. Piccole e umili penne biro, che in casa abbandoniamo qua e là, accanto a un telefono dove non scrivono mai, rotte, senza tappo, le cui punte usiamo per risettare un pc, che infine buttiamo nella spazzatura.