Gigi hai aperto una discussione interessante e partendo da una considerazione semplice quale la Basilica riprodotta su due diverse penne, viene poi ampliata affrontando diverse tematiche proprie delle penne rivestite italiane, non ultima quanto proposto da Paolo sulle imitazioni e sui falsi.
Mi inserisco apportando alcune considerazioni.
La Basilica riprodotta comporta una particolare maestria di lavorazione da parte dell’orafo e consistente nel fare il disegno, riportarlo nella giusta scala, costruire la matrice che servirà da traccia per realizzare il disegno sulla lamina da rifinire a mezzo cesello o a sbalzo.
Sarai deluso, ma non deve stupire che si voglia ripetitivamente utilizzare questo complesso ed articolato lavoro durato sicuramente più giorni, costruendo diversi originali seppur poco dissimili tra loro da vendere a vari committenti.
Questo modo di operare consente di scaricare parte dei costi su diversi commissionari e di guadagnare di più.
Questo lo facevano tutti, ricordiamo il catalogo della Fratelli Cavaliere che proponeva duecento diversi tipi di rivestimento da applicare a scelta sulla penna richiesta.
Quindi si può parlare di laminatura Cavaliere frat.lli, Montegrappa, Mazza od altri, ma non di ciò che la sostiene di cui non vi è alcuna certezza di origine e del resto poco aggiunge alla penna.
Si deve escludere da questo discorso la Waterman che aveva un nome da difendere, per tutte le altre il supporto è ininfluente: tutti facevano penne rientranti in ebanite più smilze delle 42 e generalmente in tre dimensioni.
Waterman
E’ stata l’unica vera produzione di rivestimenti sottoposta ad un qualche controllo da parte del concessionario italiano che, innanzitutto riceveva la penna dall’America, quindi un originale marcato, poi decideva di farla rivestire (pagando alla Waterman che glielo consentiva una royalty predeterminata dal contratto), a questo punto affidava la penna da rivestire …a chi? A quello che gli faceva spendere di meno offrendo un buon lavoro.
Per contro la Waterman era anche la marca più copiata, falsi e contraffazioni invadevano il mercato.
Ho presentato insieme alle Astoria una bella rientrante con smalti marcata lungo il corpo Waterman’s Jdeal (SI scritto così, con la J) con un rivestimento praticamente uguale a quello delle Astoria, ed era sicuramente un falso; la penna in ebanite non era originale, inoltre quale concessionario avrebbe accettato una storpiatura del nome scritto oltretutto nel posto sbagliato? Tuttavia era una penna con un rivestimento molto bello.
Forse erano state ordinate X laminature, poi consegnate X-1 penne originali da rivestire che erano quelle arrivate , ed allora mica si butta il lavoro, si taglia il tubo dorato della lunghezza necessaria a rivestire altra penna che non ha niente a che fare con quelle originali ed ecco il falso.
Ma è falso solo il nome Waterman che vi viene stampigliato non il resto, se fosse stato impresso altro nome di fantasia, andava benissimo, ma sicuramente la si vendeva per meno.
Penne per polli, come scriveva qualcuno, ne erano disponibili tante, allora come oggi e molte sono arrivate a noi.
La Jacopini nel suo libro sulle Waterman propone una possibile datazione di alcune punzonature di queste penne.
Per rispondere a Paolo sulla Wat 42 ½, con una scritta non coerente, se la penna sotto è originale (bisognerebbe sgusciarla e leggere la scritta sul barilotto, non limitarsi al fondello rotante) dovrebbe essere una produzione dei primi anni venti quando ancora regnava l’anarchia delle scritte, insomma prima del 1925 quando venne introdotto il logo ufficiale.
Nel riconoscimento delle laminate è molto importante riuscire ad attribuire una probabile data di produzione da integrare con la storia della possibile ditta semindustriale o artigiana che ne ha curato il rivestimento.
Pochi avevano un marchio depositato come la “Eterno” di Uhlmann, ma diversi utilizzavano un proprio punzone.