Ritorno su questo discorso che mi sta molto a cuore perché da italiano mi dispiace moltissimo vedere che i penshow italiani sono almeno secondo me l'ultima ruota del carro e non fanno particolarmente bella figura se paragonati al resto degli eventi europei.
Proprio un paio di giorni fa ho messo online sul portale il resoconto peraltro molto personale di ciò che è stato il penshow di Roma e riporto qui una frase dell'articolo:
"In conclusione, una giornata gradevole, un evento da scrivere negli annali dei Penshow italiani e la soddisfazione visibile sui volti dei collezionisti.
Tutto questo a dimostrazione del fatto che se si realizzano eventi pensati con coscienza, gradevoli alla vista e allo spirito, la risposta dei collezionisti e dei partecipanti anche in Italia può essere di alto livello come nei più blasonati Penshow europei.
Che questa sia la prova del nove che i Penshow italiani quali Milano, Firenze e Bologna debbano essere ripensati profondamente? A voi la risposta."
Una visone troppo personale ed ottimistica oppure corrispondente alla realtà dell'evento? esprimete le vostre opinioni.
Provo a dire la mia sull'argomento, che credo sia una delle facce di un problema più generale.
Ormai sono tanti anni che colleziono e m'interesso di penne ed ho vissuto una fase di espansione di questo tipo di collezionismo, alla quale è seguita e sta perdurando una fase di contrazione. Nella fase di espansione fiorivano i pen show, che ora sono quasi scomparsi.
Perché?
A mio avviso perché manca il ricambio generazionale, specialmente dei giovani, scoraggiato da un mercato dove sempre più ristrette sono le categorie delle penne ricercate, che raggiungono quotazioni stratosferiche, a dispetto di altre, sempre più snobbate.
Le case costruttrici, anche loro, fanno del loro meglio per scoraggiare i nuovi potenziali adepti: pensiamo alla Montblanc, che sforna in continuazione serie limitate dal costo di migliaia di euro. Quale può essere il messaggio ad uno studente squattrinato o ad un giovane con un impiego precario, se non quello: "la vedi questa penna? Bella vero? Bene, tu non la potrai mai avere. E neppure quella che uscirà tra due mesi. E men che meno quelle uscite in passato. Mettiti pure l'anima in pace.
Scoraggiante. Come scoraggiante è vedere una banale Omas degli anni '60 quotata diverse centinaia di euro, un'Ancora junior costare l'equivalente di una mensilità da precario. Serve una passione veramente grande per collezionare penne che i collezionisti "grandi" snobbano. Chi lo fa ha tutta la mia simpatia ed ammirazione.
Il giocattolo l'ha rotto chi ha iniziato ad essere disponibile ad aprire il portafogli senza remore, innescando gli spietati meccanismi della legge della domanda e dell'offerta in un mercato senza freni, dove quando uno si ferma di fronte ad un prezzo ritenuto esagerato, c'è pronto qualcun'altro che ha posto il suo limite un pò più avanti. Se per reddito o per morale fa poca differenza.
Era inevitabile che finisse così, credo che la strada sia la stessa già percorsa da altri generi di collezionismo.
La logica conseguenza è quella che ai Pen show, ne bastano pochissimi, lo stesso ristretto giro di collezionisti si compri e si venda le penne tra di loro.
A scanso equivoci, non intendo ergermi a moralista, essendo in buona sostanza ingranaggio del meccanismo.
Era inevitabile che finisse così.