Riporto copia di un articolo pubblicato su Penna N. ?? non lo ricordo.
PENSAR PER SCRIVERE
La stilografica che interpretava il modernismo
di Enrico Bettazzi
Gli anni cinquanta sono stati un periodo di forte bizzarria costruttiva nel mondo delle penne. I produttori italiani, schiacciati dalla concorrenza dei prodotti esteri, dovevano per forza ingegnarsi per garantirsi l'attenzione del mercato. Aurora con la 88 e le sue varianti e Omas con la 361 lasciavano il resto del mercato domestico alle vulcaniche invenzioni di Umberto Legnani (oltre 50 brevetti per il marchio Lus), ai marchi come Quadretti con la Colorado, Pen-Co con i modelli "touch-down" e altri ancora quasi sconosciuti.
La produzione era all'insegna dell'innovazione o meglio del "famole strane". Tant'è che anche per Pensar si diceva nella reclame che "era rivoluzionaria come l'era che l'ha creata".
In questo panorama si inserisce dunque a pieno titolo questa penna, poco conosciuta per la breve durata dell'esperienza produttiva. Il nome forse rimanda alla scrittura come espressione del pensiero umano, come confermerebbe la pubblicità che recitava "Pensar, la penna che traduce il pensiero" (FOTO 1). Ma come avviene in molti casi commerciali il vero significato dell'acronimo è molto meno filosofico: Pensar sta per "penna Sartori", dal nome del produttore Ferdinando Sartori. La sede della società era a Bologna, vera fucina di produzioni e commercializzazione di ottime penne (Omas, Nettuno, Tabo, Quadretti ecc.), in via dell'Arcoveggio al numero civico 48.
Il marchio sfruttava un logo anch'esso vulcanico, o meglio sulfureo, visto che la sagoma della penna (peraltro a pennino scoperto) era portata a braccio da un diavoletto che, tra i piedi ben distanziati in un passo assai lungo (un gran passo nel progresso), aveva un motto "precedo e procedo" che ribadiva l'idea innovativa che distingueva la stilografica (FOTO 2).
Caratteristica unica di Pensar è quella di avere un sistema di caricamento tutto particolare, unico nel suo genere. Il meccanismo di riempimento è legato alla parte anteriore della penna; la piccola carenatura del pennino è un elemento a sé stante rispetto al corpo della penna e svitato si allunga e diviene libero di muoversi in su e giù grazie a una molla. La pressione sul pennino inzuppato nella boccetta di inchiostro spinge all'indietro il corpo pennino e permette l'afflusso del liquido al corpo serbatoio (FOTO 3). Una volta effettuata la carica, il corpo pennino viene riavvitato e così bloccato e rigido permette la scrittura. Questa inversione di posizionatura negli elementi costitutivi della penna continua anche nel corpo, perché la finestra trasparente rivela-inchiostro, che solitamente è posizionata vicino al colletto della stilografica, stavolta è posta verso la coda della penna. In taluni modelli tale finestrella è caratterizzata da un'anellatura orizzontale.
La produzione prevedeva due modelli: uno con cappuccio laminato oro, l'altro con cappuccio in resina in tinta col corpo della penna. Le penne conosciute sono tutte di colore nero.
La stilo con il cappuccio in tinta aveva la zigrinatura per l'avvitamento, mentre l'altro modello prevedeva una chiusura a pressione. La banda dorata sul cappuccio non laminato è abbellita da un motivo floreale. La clip riecheggia la sagomatura della Pelikan, con la classica forma a becco di pellicano. I due modelli avevano prezzi in linea con quelli del mercato medio-alto: quella con il cappuccio in tinta costava 6.200 lire, mentre l'altra con il cappuccio laminato 7.800 lire.
Il depliant qui riprodotto, nella grafica degli anni cinquanta, accosta in prima pagina la sagoma delle due penne al fungo atomico: così come la bomba a idrogeno, anche la Pensar avrebbe dovuto rivoluzionare un'era (FOTO 4). Si spiegava anche che "una pressione di 240 grammi esercitata sul pennino è sufficiente ad azionarne il dispositivo di riempimento. Il pennino ha una resistenza alla pressione di 12 kg" (FOTO 5).
Pensar era abbinata al numero tre, simbolo della perfezione, perché tre erano i movimenti per il caricamento (sviamento, pressione, riavvitamento del corpo pennino) e perché la sua capienza era tre volte superiore a quella di qualsiasi altra penna. Il depliant riprodotto (FOTO 6) ci fa anche vedere una sezione del corpo/serbatoio, illuminandoci sul sistema di caricamento sopra descritto.
Nonostante fosse garantita in eterno, Pensar non resse alla prova del tempo: il sistema di caricamento ideato danneggiava alla lunga la funzionalità del pennino. Tale problematica fu forse la ragione della rapida scomparsa di questa penna che, quindi, va considerata una vera rarità per il collezionismo.