Autore Topic: Una bugia detta sette volte diviene verità... Sarà vero?  (Letto 1439 volte)

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Online turin-pens

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Una bugia detta sette volte diviene verità... Sarà vero?
« il: Agosto 09, 2012, 22:59:54 pm »
lunedì mattina ho letto un articolo molto interessante (almeno per me) che spiega o almeno getta una luce sul meccanismo utilizzato per costruire le "bufale" su internet e come esse poi trasmigrino su giornali anchd importanti.

Leggendo l'articolo non ho potuto non notare come questo meccanismo sia stato (almeno nei tratti principali) utilizzato spesso involontariamente e senza scopi di dolo anche nel vasto mondo del collezionismo (penne, orologi, quadri etc...) arrivando poi a costruire delle vere e proprie "verità" soltanto sul si dice o altre "voci di corridoio" consacrate o forse sarebbe meglio dire sigillate da molte pubblicazioni.

Trovo che sia sempre un argomento molto affascinante se non altro proprio per il meccanismo che spesso involontariamente si mette in moto pur di dare un valore aggiunto a questo o quell'oggetto di questa o quella marca.

Il mio personale consiglio è di leggere l'articolo e se qualcuno di voi dovesse avere ancora in casa la copia de La Repubblica di lunedì  6 agosto, può leggerlo a pag. 25

Articolo di Giuliano Aluffi


L’esperto Un americano spiega come le invenzioni dei blog beffano i giornali “Così Internet è diventata la fabbrica delle bufale”

Dalla lista fasulla dei successi di Hollande al mai avvenuto incidente mortale di Brad Pitt in snowboard, inventato per scherzo su un sito a fine luglio, l’attendibilità dei media online è spesso in discussione. A fare luce sul tema è uno dei più abili influencer in circolazione, che ha appena gettato la maschera in un libro dove rivela i trucchi del mestiere. Si chiama Ryan Holiday, ha 25 anni ed è responsabile marketing di American Apparel, celebre azienda di abbigliamento degli Usa, ed è editorialista su Forbes. Il suoJ’accuseèTrust me, I’m lying: con‐fessions of a media manipulator (Portfolio). «Il pianeta dell’informazione è in crisi, e una delle cause principali è il modello di business dei siti di news e dei blog - spiega -. Tutto nasce dalla differenza- chiave tra un giornale car‐taceo e un sito di news: il giornale ha uno spazio limitato e quindi deve giocoforza selezio‐nare i contenuti che passerà ai lettori. Per siti e blog è diverso: in pratica non c’è limite allo spazio occupabile su Internet e quindi si pubblica di tutto, senza troppi patemi né control‐li». Portali, siti e blog si sostengono vendendo visualizzazioni (gli onnipresenti banner) e clic (gli annunci testuali di Google). E tutta la filiera dell’informazione online è finalizzata ad ot‐tenere il massimo numero possibile di visite e di clic. «Alcuni blogger possono fare qualsia‐si cosa per pubblicare un post in più, anche quando non hanno davvero una notizia ma sol‐tanto un’indiscrezione poco attendibile. Così chi scrive online, potendo ritornare a piaci‐mento sull’articolo già pubblicato per aggiornarlo, cede spesso alla tentazione di schiacciare il tasto “Pubblica” quando ha buttato giù solo un’accozzaglia di rumours o un abbozzo embrionale di storia. Ciò permette agliinfluencer come me di conquistare titoli e spazi sui quotidiani sfruttando i talloni d’Achille della blogo‐sfera ». Vediamo come: «Gestivo le Pr di Tucker Max, un tizio che raccontando delle sue sbronze e delle sue conquiste è stato in cima alla lista dei bestseller delNew York Times, e dovevamo pubblicizzare il suo film. Così abbiamo piazzato manifesti pubblicitari in diversi Stati e per creare un “caso” che finisse sui giornali abbiamo deciso di auto-vandalizzarli. Io stesso ho cosparso i cartelloni a Los Angeles con adesivi e scritte offensive, che accusavano Tucker Max di essere un porco maschilista. Poi ho fotografato il tutto, ho creato un account email anonimo e ho mandato le foto a diversi blog di rilievo come se io fossi solo qualcuno che ha notato i cartelloni per caso. I blog hanno subito messo in evidenza la “notizia” senza accertarsi della sua provenienza o fondatezza. La grande stampa l’ha ripresa e siamo finiti sui maggiori quotidiani senza spendere un soldo. La settimana dopo a New York c’è stata una manifestazione femminista con le attiviste che sfregiavano i manifesti del film, ed è partita una campagna nazionale!». Un altro meccanismo che funziona diabolicamente bene nel passaggio da Internet alla carta è il finto scoop. «Per Halloween avevamo preparato dei costumi identici alle mise di perso‐naggi famosi come Lady Gaga. Avevamo fatto delle foto che però non volevamo usare in una iniziativa Pr classica, perché avremmo dovuto pagare a Lady Gaga i diritti sull’immagine. Allora mi è venuta un’idea: perché non mandare le foto a un blog importante spaccian‐dole per “le foto segrete dei costumi di Halloween bocciati da American Apparel” trafugate da un dipendente infedele?» spiega Holiday. «Beh, ha funzionato. L’importante blog Gaw‐kerci ha fatto subito un articolo e tutti gli altri media gli sono andati dietro. Scambiando un azzardo pubblicitario per uno scoop, ossia il falso per il vero». I manipolatori di professione come Holiday non si fanno scrupoli nemmeno a strumentalizzare Wikipedia, pur di far pas‐sare i messaggi che stanno a cuore ai loro committenti. «Uno scrittore può dire, in un’intervista, di aver venduto centomila copie in un mese. Una volta uscito l’articolo, si scrive sulla pagina Wikipedia dello scrittore che sono state vendute centomila copie citando come fonte il giornale X. A questo punto è come se tu avessi creato un fatto: hai massima legittimazione, indipendentemente dalla verità.

Ryan Holiday eTrust me, I’m lyng (Credimi, sto mentendo)

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Online Giuseppe Tubi

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Re:Una bugia detta sette volte diviene verità... Sarà vero?
« Risposta #1 il: Agosto 10, 2012, 09:17:36 am »
lunedì mattina ho letto un articolo molto interessante (almeno per me) che spiega o almeno getta una luce sul meccanismo utilizzato per costruire le "bufale" su internet e come esse poi trasmigrino su giornali anchd importanti.

Leggendo l'articolo non ho potuto non notare come questo meccanismo sia stato (almeno nei tratti principali) utilizzato spesso involontariamente e senza scopi di dolo anche nel vasto mondo del collezionismo (penne, orologi, quadri etc...) arrivando poi a costruire delle vere e proprie "verità" soltanto sul si dice o altre "voci di corridoio" consacrate o forse sarebbe meglio dire sigillate da molte pubblicazioni.

Trovo che sia sempre un argomento molto affascinante se non altro proprio per il meccanismo che spesso involontariamente si mette in moto pur di dare un valore aggiunto a questo o quell'oggetto di questa o quella marca.

Il mio personale consiglio è di leggere l'articolo e se qualcuno di voi dovesse avere ancora in casa la copia de La Repubblica di lunedì  6 agosto, può leggerlo a pag. 25

Articolo di Giuliano Aluffi


L’esperto Un americano spiega come le invenzioni dei blog beffano i giornali “Così Internet è diventata la fabbrica delle bufale”

Dalla lista fasulla dei successi di Hollande al mai avvenuto incidente mortale di Brad Pitt in snowboard, inventato per scherzo su un sito a fine luglio, l’attendibilità dei media online è spesso in discussione. A fare luce sul tema è uno dei più abili influencer in circolazione, che ha appena gettato la maschera in un libro dove rivela i trucchi del mestiere. Si chiama Ryan Holiday, ha 25 anni ed è responsabile marketing di American Apparel, celebre azienda di abbigliamento degli Usa, ed è editorialista su Forbes. Il suoJ’accuseèTrust me, I’m lying: con‐fessions of a media manipulator (Portfolio). «Il pianeta dell’informazione è in crisi, e una delle cause principali è il modello di business dei siti di news e dei blog - spiega -. Tutto nasce dalla differenza- chiave tra un giornale car‐taceo e un sito di news: il giornale ha uno spazio limitato e quindi deve giocoforza selezio‐nare i contenuti che passerà ai lettori. Per siti e blog è diverso: in pratica non c’è limite allo spazio occupabile su Internet e quindi si pubblica di tutto, senza troppi patemi né control‐li». Portali, siti e blog si sostengono vendendo visualizzazioni (gli onnipresenti banner) e clic (gli annunci testuali di Google). E tutta la filiera dell’informazione online è finalizzata ad ot‐tenere il massimo numero possibile di visite e di clic. «Alcuni blogger possono fare qualsia‐si cosa per pubblicare un post in più, anche quando non hanno davvero una notizia ma sol‐tanto un’indiscrezione poco attendibile. Così chi scrive online, potendo ritornare a piaci‐mento sull’articolo già pubblicato per aggiornarlo, cede spesso alla tentazione di schiacciare il tasto “Pubblica” quando ha buttato giù solo un’accozzaglia di rumours o un abbozzo embrionale di storia. Ciò permette agliinfluencer come me di conquistare titoli e spazi sui quotidiani sfruttando i talloni d’Achille della blogo‐sfera ». Vediamo come: «Gestivo le Pr di Tucker Max, un tizio che raccontando delle sue sbronze e delle sue conquiste è stato in cima alla lista dei bestseller delNew York Times, e dovevamo pubblicizzare il suo film. Così abbiamo piazzato manifesti pubblicitari in diversi Stati e per creare un “caso” che finisse sui giornali abbiamo deciso di auto-vandalizzarli. Io stesso ho cosparso i cartelloni a Los Angeles con adesivi e scritte offensive, che accusavano Tucker Max di essere un porco maschilista. Poi ho fotografato il tutto, ho creato un account email anonimo e ho mandato le foto a diversi blog di rilievo come se io fossi solo qualcuno che ha notato i cartelloni per caso. I blog hanno subito messo in evidenza la “notizia” senza accertarsi della sua provenienza o fondatezza. La grande stampa l’ha ripresa e siamo finiti sui maggiori quotidiani senza spendere un soldo. La settimana dopo a New York c’è stata una manifestazione femminista con le attiviste che sfregiavano i manifesti del film, ed è partita una campagna nazionale!». Un altro meccanismo che funziona diabolicamente bene nel passaggio da Internet alla carta è il finto scoop. «Per Halloween avevamo preparato dei costumi identici alle mise di perso‐naggi famosi come Lady Gaga. Avevamo fatto delle foto che però non volevamo usare in una iniziativa Pr classica, perché avremmo dovuto pagare a Lady Gaga i diritti sull’immagine. Allora mi è venuta un’idea: perché non mandare le foto a un blog importante spaccian‐dole per “le foto segrete dei costumi di Halloween bocciati da American Apparel” trafugate da un dipendente infedele?» spiega Holiday. «Beh, ha funzionato. L’importante blog Gaw‐kerci ha fatto subito un articolo e tutti gli altri media gli sono andati dietro. Scambiando un azzardo pubblicitario per uno scoop, ossia il falso per il vero». I manipolatori di professione come Holiday non si fanno scrupoli nemmeno a strumentalizzare Wikipedia, pur di far pas‐sare i messaggi che stanno a cuore ai loro committenti. «Uno scrittore può dire, in un’intervista, di aver venduto centomila copie in un mese. Una volta uscito l’articolo, si scrive sulla pagina Wikipedia dello scrittore che sono state vendute centomila copie citando come fonte il giornale X. A questo punto è come se tu avessi creato un fatto: hai massima legittimazione, indipendentemente dalla verità.

Ryan Holiday eTrust me, I’m lyng (Credimi, sto mentendo)

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Molto interessante e straordinariamente realistico.
C'è da riflettere come l'era dell'informazione globale ed in tempo reale sia assolutamente vulnerabile.

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R: Una bugia detta sette volte diviene verità... Sarà vero?
« Risposta #2 il: Agosto 10, 2012, 17:11:09 pm »
Non soltanto ma se pensiamo ad esempio quanto è successo con Omas, ci possiamo rendere conto di come alcune fantasie tramandate prima oralmente, una volta messe nero su bianco all'interno dei libri siano poi state elette a "verità di fede". Rispetto a oggi, al tempo delle favole su Omas, cambiano i tempi e i mezzi ma il meccanismo è il medesimo.
Tutto molto interessante...

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