Non me ne vorrete se riprendo lo scritto del Tubi e rispondo inserendo il mio testo di colore diverso, così sono sicuro di non dimenticare nulla ed elimino le ripetizioni
Non è una domanda semplice. Teoricamente le tolleranze dovrebbero essere bassissime, ma:
- in primo si riscontano differenze "fisiologiche" anche in penne identiche, specie in ragione dell'accoppiamento corpo-cappuccio (in realtà non tanto nelle rientranti quanto negli altri tipi);
- in questo caso la situazione è complicata dal fatto che si tratta di laminate; differenze macroscopiche si riscontrano principalmente nella lunghezza in ragione dello spazio che è frequentissimo trovare tra la sommità del cappuccio in ebanite e la laminatura. Su formati tipo "42" si arriva tranquillamente vicino al centimetro.
Va bene: un centimetro in lunghezza, quindi da 10 a 12 cm, ed il diametro? Sino a quanto siamo disposti a tollerare?
Io però, nel determinare (o tentare di farlo) se ci si trova davanti ad un falso, partirei da altre considerazioni; le prime delle quali sono quelle di carattere economico. Fare un falso è un reato, pertanto deve essere ampiamente remunerativo. Altrimenti il gioco non vale la candela. Mi sovviene un fumetto del mitico Alan Ford nel quale una banda d'improbabili falsari accoglieva con tripudio la polizia che irrompeva nel loro laboratorio essendo ridotti alla fame perché le banconote false che stampavano costavano loro più del valore nominale!
Alan Ford a parte, sulle false Waterman sono stati spesi fiumi di parole, le mie hanno poco significato, ma basta leggere la Jacopini nel suo libro sulle rientranti Waterman da pag 62 a pag 74 (son più di dieci pagine) per rendersi conto quanto il fenomeno era diffuso.
Qui stiamo parlando di un modello di penna veramente molto raro; vagliando collezioni, ricordi, internet, pubblicazioni varie, ne abbiamo messe insieme un numero irrisorio. Questo è un dato che a mio parere ha già un certo significato.
Se non ho capito male e ti riferisci alle Wat laminate, possiamo provare a fare la conta di quelle degli iscritti al forum che vogliono partecipare o meglio contare quelle sinora presentate. Credo che il numero non sarà tanto basso.
Prendiamo in esame la realizzazione: è tranquillamente ipotizzabile che un'azienda artigianale xy producesse per suo conto una rientrante in ebanite delle giuste dimensione e che pretanto potessero essere acquistate ad un prezzo molto basso. C'è però da aggiungere il rivestimento, che generalmente sembra essere realizzato da abili artigiani del mestiere che difficilmente, come afferma lo stesso Paolo, possono immaginarsi coinvolti nella falsificazione. I predetti verosimilmente sono in qualche modo riconosciuti dalla Waterman, magari attraverso l'importatore ufficiale, poiché possano apporre il marchio della casa americana (vero che si può falsificare anche quello, ma in diversi casi i rivestimenti sono ricondicibili ai laboratori e nella mia è addirittura siglato: si veda l'origine di questo intrigantissimo topic). Comunque sia, questi stimati artigiani si devono "bere" che le penne da rivestire sono delle vere Waterman malgrado il loro formato anomalo. Si sarebbero comunque fatti pagare il giusto; e questo va ad incidere (credo sensibilmente) sul costo del falso.
No, no, non è così.
Il rivestimento ufficiale delle penne Waterman in Italia funzionava in questo modo (se volete, anche se non si legge benissimo, vi faccio vedere la copia tradotta del contratto originale in esclusiva sottoscritto da Carlo Cavaliere con Waterman): l’importatore ufficiale aveva totale autonomia, poteva far rivestire le penne originali che arrivavano dagli USA a chi voleva, con esclusione dei Fratelli Cavaliere, altrimenti avrebbe potuto vendere altre stilografiche oltre le Wat, cosa che gli era preclusa avendo una rappresentanza in esclusiva, oggi si parlerebbe di conflitto di interessi. In cambio pagava alla Waterman una royalty, per ogni penna importata da rivestire, del10% del costo della montatura (rivestimento). E non basta, Carlo Cavaliere era autorizzato a produrre in Italia i pezzi di ricambio che gli servivano per riparare le stilo Waterman, per i quali pagava ulteriormente la Waterman. Insomma un contratto in cui la fiducia tra le parti era tutto, ma consentiva che si producessero in Italia parti della penna originale, passare dalle parti all’intero il passo è breve. A tal proposito credo che possa sorgere un problema tecnico o che ritengo tale ed io in queste cose non sono certo pratico, ma lo propongo alla fine.
Innanzitutto, Carlo Cavaliere doveva riuscire in qualche maniera a far lavorare l’azienda dei fratelli; ma questo è un problema di secondaria importanza anche perché le lamine fatte dai fratelli Cavaliere sono quasi sempre ottime.
Vi era quindi un mercato ufficiale di produzione dei rivestimenti severamente controllato e contingentato anche perché solo Carlo Cavaliere poteva autorizzare l’uso dei punzoni. Ma pensate che la ditta incaricata non ne facesse per suo uso una coppia? Che un dipendente infedele non lo cedesse a terzi? Che ……..
E non è finita. C'è il problema di produrre o far produrre un pennino falso, che però deve essere realizzato a regola d'arte. E' da rimarcare che nessuna delle penne riprodotte delle quali è mostrato il pennino abbia un anonimo "Warraned".
Credo che non fosse facilissimo trovare chi fosse in grado di realizzare un pennino, iridio compreso, se non rivolgendosi alle ditte specializzate in questo genere di produzione. Ora, vogliamo pensare che, p. es. la Comit , avrebbe acconsentito a produrre un pennino marcato Waterman senza autorizzazione? Improbabile, direi. Ma mettiamo pure che in qualche modo il problema sia stato risolto e che i falsari abbiano potuto procurarsi i pennini necessari. Quale sarebbe stato, a questo punto il costo del falso?
Siamo pieni oggi di pennini Waterman dell’epoca, ne abbiamo anche non venduti in USA che avete fatto vedere, immaginiamo ieri, inoltre era sicuramente facile comprarli. Come oggi, anche allora vi erano i laboratori seri, quelli meno attenti e quelli poco seri contrapposti ad un possibile acquirente che credeva di comprare un oggetto in oro senza conoscerne alcuna caratteristica.
Guardate la diffida di Drisaldi ad una ipotetica azienda Watherman, sempre Jacopini pag. 65, fa capire che tipo era il possibile acquirente che si faceva truffare così facilmente.
Certo, al giorno d'oggi con l'attuale mercato collezionistico, chi fosse in grado di realizzare una Waterman come quella visibile in rete lunga due pollici, anche con un unico esemplare (anzi, meglio se l'esemplare è unico), sarebbe ben remunerato anche se il falso gli fosse costato un migliaio di dollari.... Ma in allora..... Si dovrebbe pensare che ci sia stato qualcuno che ha precorso la geniale trovata comica di Max Bunker del fumetto di Alan Ford.
Bene stiamo arrivando al dunque.
Il collezionista brama ed ambisce ad avere una “penna unica” che solo lui ha.
Il mercato tenta di soddisfarlo facendogli avere quello che desidera, sarà lui stesso a difenderlo strenuamente definendolo unico, transazionale, non facente parte della produzione ufficiale, insomma il “ssssuo tesssorro” e le case produttrici stanno a guardare senza intervenire purchè non vengano lesi i suoi interessi.
Il possibile problema tecnico a cui accennavo è il seguente: in Usa le misurazioni vengono fatte in pollici, in Italia come in Francia e Germania in mm e vige il sistema decimale.
Una barra di ebanite USA sarà di 5” che equivale a 12,5 mm misura entro la quale stà una normale rientrante Waterman sprecando poco materiale, ma in Italia le barre di ebanite dovevano essere di 10 mm (troppo poco) o di 15 mm e se ne spreca molto. Quindi proprio per risparmiare i produttori di false Waterman, le facevano più sottili. La descrizione che in Usa danno delle penne “continental overlay” è: simile alle Waterman 42, ma smilza.
E per oggi basta.