Desidero ringraziare (soprattutto per la pazienza) la sig. Laura di Goldpen, che mi ha inviato questo calamaio in “comodato d’uso” oramai molto tempo fa, insieme con la richiesta di provarlo e raccontarne. Se ho tardato a scrivere la recensione è perché non volevo limitarmi a delle semplici impressioni d’uso, ma realizzare una vera e propria prova di utilizzabilità sul campo, che credo sia molto più utile a chi è interessato all’acquisto di questo oggetto. Nel frattempo, comunque, ne ho comprati altri tre.
Ma andiamo con ordine.
Premessa, ovvero come impararai ad amare la bomb… pardon, il calamaioIl caricamento di una penna a pistone per molti appassionati rappresenta una operazione estremamente appagante, pari, se non superiore, all’utilizzo della penna stessa. Si potrebbe quasi dire che il gesto dell’intinzione del pennino nel calamaio, seguito dallo sfiato dell’aria e caricamento del serbatoio, assuma un significato quasi erotico. Quasi come il come il cartello di senso vietato per un motociclista. Il caricamento è operazione da compiersi preferibilmente la sera, messe da parte le fatiche quotidiane, nella solitudine della propria cameretta.
Una delle cose belle della vita è che spesso si può scegliere. Sono quasi quarant’anni che scrivo usando penne stilografiche. Sino ad ora non ho ancora trovato uno strumento di scrittura altrettanto confortevole, soprattutto quando si tratta di scrivere a lungo. Se escludo una parentesi universitaria, fatta di converter o cartucce riciclate riempiendole con la siringa di Pelikan 4001 Blue Royal (acquistato in bottiglia da litro per motivi di budget), ho sempre usato inchiostri in cartucce. Il motivo è insito in quella che gli inglesi chiamano “convenience”, che non vuol dire convenienza economica ma praticità associata a semplicità. Un pacchetto di cartucce ti segue ovunque, si accontenta di un angolo della borsa, non ti crea problemi ai controlli di sicurezza degli aeroporti e non corri il rischio di sporcarti le dita nell’operazione di sostituzione della cartuccia esausta. La cartuccia esaurita si può sostituire ovunque in pochi secondi, anche nel bel mezzo di una riunione. Molte penne consentono di avere la cartuccia di ricambio a portata di mano nella penna stessa. Le penne a cartuccia sono intrinsecamente più semplici, e come ti insegnano i costruttori di automobili da corsa: “quel che non c’è, non si rompe”. Non ultimo, il rischio che una cartuccia si rompa accidentalmente e perda inchiostro è molto basso, e comunque la quantità è limitata: 0,7 ml in una cartuccia internazionale standard, a voler fare i pignoli.
Tuttavia, quando la passione supera il livello di guardia, o meglio se da utilizzatori più o meno entusiasti di penne stilografiche si diventa appassionati, ci si rende rapidamente conto del fatto che la disponibilità di inchiostri in cartuccia è molto limitata. Anche i marchi che offrono più scelte, come l’inglese Diamine, non vanno oltre la ventina, contro un centinaio di inchiostri in calamaio. In pratica si trovano solo i colori standard. Il che va bene per molti ma costituisce un limite invalicabile quando il gioco si fa duro e ci si imbarca nella ricerca dell’inchiostro ideale, con tonalità e caratteristiche particolari. E’ precisamente questo il punto da cui sono partito io. Il gesto del caricamento descritto sopra non mi ha mai attirato, ho sempre apprezzato la praticità e la semplicità intrinseca nelle cartucce e delle penne a cartuccia, ma sono arrivato al punto in cui mi interessava usare inchiostri che in cartuccia non si trovano e dei quali avevo nel frattempo accumulato una discreta quantità di calamai in cantina, la maggior parte ricevuti in regalo da parenti, amici o con l’acquisto di una penna.
Il primo passo è stato dotare qualche penna stilografica di converter e provare a provarci. Le penne a pistone nella mia collezione sono arrivate dopo. Ho resistito un mese, poi sono tornato alle cartucce. Come dicono gli inglesi a proposito del xxxxx (da cui il famoso detto “niente xxxxx, siamo inglesi”), lo sforzo non vale la ricompensa. Tutto quel trafficamento per una quantità di inchiostro che se andava bene e mi riusciva di riempire il converter senza bolle, era più o meno quella di una cartuccia. Autonomia limitata significava doversi portar dietro il calamaio, con tutto quel che ne consegue. Inoltre non è bello entrare in una riunione con le dita inchiostrate perché qualcosa è andato storto nel caricamento del converter. Stavo meditando seriamente di ridurre il livello di entropia della cantina e buttare tutti i calamai di inchiostro, a trattenermi, più che il principio della termodinamica è stato il fatto di non sapere come fare a smaltirli in modo corretto. Nel frattempo sono successe due cose. La prima è che per caso ho comprato una penna a pistone, passando quindi ad uno strumento con una autonomia decente. La seconda è che ho scoperto dell’esistenza di questo calamaio, grazie a Dante nel sito e alla signora Laura che, visto che non ero ancora convinto del tutto, me ne ha inviato uno in “comodato d’uso pro-recensione”.
L’oggetto, questo sconosciutoÈ arrivato adeguatamente protetto in una scatoletta di cartoncino con il logo della casa. La scatola contiene il calamaio vero e proprio ed un contagocce vecchio stile, con la tettarella in gomma. Mi sembra quasi inutile scriverlo, ma il contagocce serve per caricarlo. Infine è presente un foglietto di istruzioni, che spiega come usare il calamaio con i vari tipi di penna stilografica.
La prima cosa che ho fatto è stata sostituire il contagocce con uno di quelli in plastica monouso che si utilizzano nei laboratori di analisi. In pratica è un unico pezzo di plastica trasparente. E’ molto più capiente rispetto a quello in dotazione, ha la cannuccia più lunga e quindi arriva fino in fondo anche nei calamai più grandi. Essendo realizzato in un unico pezzo, non c’è il rischio che la tettarella di gomma si stacchi sul più bello. Infine, anche se viene dato per monouso (nel senso che in laboratorio normalmente lo si butta dopo averlo usato, ad esempio per trasferire un campione biologico) in questo tipo di utilizzo lo si può tranquillamente sciacquare e riutilizzare. Io sto usando lo stesso da mesi.
Venendo all’oggetto in sé, è realizzato con la cura che ci si aspetta dal marchio, a testimonianza che i prodotti Visconti sono pensati e realizzati “da stilografici per stilografici”. Come si vede dalla foto, è un cilindro lungo 12,7 cm e largo 1,6. Oltre al marchio presenta la scritta “Calamaio da Viaggio”, in italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo. Si tratta di un particolare non da poco, ad ulteriore riprova dell’attenzione quasi maniacale che Visconti dedica ai propri prodotti. Questo calamaio è pensato per chi viaggia. La presenza della scritta può essere di aiuto a chi deve spiegarne la funzione agli addetti alla sicurezza degli aeroporti, cosa che a me è successa un paio di volte, prima che facciano il danno, ovvero lo aprano e finiscano per restare con le dita inchiostrate o, nel dubbio, decidano di confiscarlo.
Il livello dell’inchiostro è visibile attraverso una finestrella situata a circa 5 cm dal fondo e alta circa 2 cm. A metà della finestrella è riportata una riga, che indica il livello massimo di riempimento. Sulla sommità del calamaio sono presenti due tappi, il primo è sporgente, lo si apre infilando l’unghia nella scanalatura e facendo leva. Cela un tamponcino in feltro assorbente, utile per la pulizia del pennino dopo la ricarica. Devo ancora usarlo, perché per tutte le mie ricariche ho pulito il pennino o con un fazzolettino di carta o con una sana sciacquata sotto il rubinetto. Il tappo vero e proprio invece è zigrinato ed è calzato a pressione. Togliendo il tappo, il calamaio si accorcia di quasi un centimetro e mezzo, il che è anche logico, perché questo tappo contiene al suo interno l’alloggiamento per il tamponcino di feltro. Osservando l’interno, si vede un alloggiamento a forma di tronco di cono che si restringe verso il basso e che nasconde la “magia” di questo oggetto. La sua forma è tale per cui infilando la penna stilografica fino a sentire una certa resistenza, si realizza una tenuta perfetta, che permette di capovolgere il calamaio ed effettuare l’operazione di ricarica, secondo le istruzioni e senza coinvolgere le dita, la scrivania, la camicia e i pantaloni nell’operazione.
Perché ciò possa accadere è necessario che il contatto tra l’alloggiamento troncoconico e l’impugnatura della penna stilografica sia a tenuta. Quindi la parte finale dell’impugnatura, quella verso il pennino, non deve essere troppo sottile (indicativamente deve essere almeno di 9-10 mm), né troppo spessa (13-14 mm). Sono dimensioni tali da rendere il calamaio compatibile con la quasi totalità delle penne in commercio. Io ho sperimentato con successo il riempimento sia di un “peso piuma” come la Pelikan M205, che di una penna dall’impugnatura decisamente “cicciotta”, come la Delta Dolcevita Pistone. Altro requisito che la penna stilografica deve avere è che la parte della sezione responsabile della tenuta tra penna e calamaio sia perfettamente rotonda e non scanalata. L’unica penna che mi ha dato problemi da questo punto di vista è stata una penna scolastica di marca sconosciuta, che aveva una impugnatura pseudoergonomica con la tutta la sezione triangolare. Ma si tratta di casi più unici che rari. Visconti informa che lìuso di questo calamaio non può essere applicato a penne d’epoca con serbatoio in gomma o caricamento a leva. Nel dubbio, per evitare di far danni, e come consigliato dal produttore stesso, conviene fare la prima prova di caricamento con acqua, onde essere sicuri della compatibilità tra penna e calamaio.
Utilizzo. Alziamo il calamaio e andate ad inchiostrar…L’utilizzo del calamaio sul campo è relativamente semplice. Occorre tuttavia vincere una certa ritrosia iniziale, un po’ come il primo tuffo dal trampolino, primo lancio con il paracadute o chiedere un appuntamento alla ragazzina più carina della classe (rigorosamente in ordine di difficoltà crescente) . Si, perché la prima cosa che uno pensa osservandolo è “non funzionerà mai”. Se qualcuno ti racconta che funziona, pensi che stia mentendo. Novello San Tommaso, vorresti vedere (l’assenza) delle stimmate dello stilografaro, ovvero le macchie di inchiostro sulle dita.
Nemmeno io sono stato immune a questo pensiero, tant’è che l’ho lasciato fermo nel cassetto della scrivania per qualche settimana. Poi ho fatto un po’ di prove con il calamaio riempito d’acqua e una vecchia stilografica su cui avevo montato un converter. Per evitare di dare l’impressione di quello che ha la prostata che gli fa cilecca, mi sono messo a fare le prove sopra il lavandino del bagno. Apri il calamaio, riempilo d’acqua, infila la penna, capovolgi il calamaio, svuota il converter, riempi il converter, sfila la penna… il tutto per una ventina di volte, senza incidenti. Abbastanza da vincere (parte) della mia iniziale ritrosia. Parte, perché la penna (vera) e l’inchiostro (vero) sono tutta un’altra cosa…
L’esperimento scientifico che ha segnato ufficialmente l’inizio dell’era Visconti a casa Phormula è stato condotto la domenica di un freddo pomeriggio invernale. Fosse andato male, avrei sempre potuto sempre dare la colpa alla digestione laboriosa della cassoela e, considerata l’origine dell’oggetto, riprovarci dopo avere mangiato una fiorentina.
Mi sono procurato il necessario, ovvero: calamaio, pipetta per il caricamento, calamaio di inchiostro Monteverde Blu-Nero, penna stilografica Delta Dolce Vita Pistone, misuratore di frequenza del battito cardiaco e maglietta portafortuna. A questo ho aggiunto una abbondante scorta di carta assorbente: in pratica ho saccheggiato il rotolo di Scottex in cucina. Per lo stesso scopo avrei potuto usare un più proletario rotolo di carta igienica, ma se uno deve entrare nella leggenda, non può certo farlo con il rotolo di carta igienica in mano…
Il primo passo è stato mettere la maglietta portafortuna, collegare il misuratore di battito cardiaco al braccio e stendere qualche foglio di Scottex sulla scrivania. Poi ho preso il calamaio e ho tolto il tappo. Ho aperto il calamaio di inchiostro Monteverde e con la pipetta ho riempito il calamaio Visconti fino al livello indicato. Ho misurato una capacità di circa 5-6 ml, sempre che le tacche sulla pipetta siano corrette. E’ un volume di inchiostro più che sufficiente ad assicurare 2-3 ricariche anche di una penna particolarmente “vorace”. Il misuratore di battito cardiaco segnava un ritmo iniziale di 76 pulsazioni al minuto, che sono salite ad 85 quando ho svitato la penna e l’ho infilata nel calamaio. Non è necessario forzarla, basta infilarla fino ad avvertire una certa resistenza. OK, è arrivato il momento, il punto di non ritorno: ho guardato la mia Delta infilata nel calamaio e mi sono reso conto di essere arrivato ad uno di quei momenti nella vita che non puoi tirarti indietro, chi è che glielo spiega a Laura? Il misuratore indicava 115 pulsazioni al minuto. Con gesto atletico della mano sinistra ho capovolto il tutto, sperando che il mio angelo custode non avesse scelto proprio quel momento per fare la pausa caffè (Lavazza, mi par di capire che in paradiso sia quella la marca che gira…).
Mi aspettavo di sentire l’inchiostro scorrere dal calamaio lungo il polso, per infilarsi direttamente nella manica della maglietta, e invece no. Nonostante la penna infilata e l’insieme capovolto, regge. A quel punto non mi è rimasto che svitare e riavvitare il pistone, riempiendo completamente il serbatoio. Al primo tentativo sono rimaste alcune bolle d’aria, al secondo la carica è stata completa. Ci vuole un po’ di mano, perché non bisogna muovere la penna nel suo alloggiamento, operazione che potrebbe compromettere la tenuta del sistema.
Con il cuore che viaggiava ancora oltre i 100 battiti, ho riportato l’assieme nella posizione di partenza, e ho sfilato la penna, che si è staccata senza problemi facendo un “plop”, come quando si toglie il sughero ad una bottiglia di vino, solamente un po’ più silenzioso. Ok, è andata. Appoggiata momentaneamente la penna in posizione orizzontale su un quadrotto di Scottex, ho richiuso il calamaio e mi sono dedicato alla pulizia della penna. Data la forma dell’impugnatura Delta, che è più larga sul fondo e si stringe un po’ a metà, l’impugnatura era ancora pulita, c’era solo un pochino di inchiostro sul pennino, rapidamente rimosso con una doccia sotto il rubinetto e una asciugatura con pezzetto di carta assorbente. Nel frattempo il mio battito cardiaco è ritornato a valori standard. Ok, ragazzi… è andata. So calamaiare anch’io.
Da allora ho continuato ad usare il calamaio per riempire le mie penne a pistone, anzi, ne ho comprati altri tre, dedicandoli ciascuno ad un inchiostro: Monteverde Blu-Nero, Pilot Iroshizuku shin-kai e Diamine Presidential Blue. Per non confonderli, li ho etichettati. Non ho avuto alcun problema e, presa confidenza con l’operazione, ho osato persino ripeterla davanti ad amici, stile dimostrazione di cottura con pentole antiaderenti, per dimostrare come si possa essere abbastanza fiduciosi del fatto che funzioni e sia possibile caricare una penna completamente, in modo semplice, rapido e pulito. Non solo in viaggio. Ormai sto caricando tutte le mie penne che funzionano ad inchiostro o con il Calamaio Visconti o con il TWSBI VAC 20 (specifico per le VAC 700 e basato sullo stesso principio). Il fatto di riempire la penna con il pennino rivolto verso l’alto facilita l’uscita dell’aria e consente il riempimento completo del serbatoio normalmente al secondo tentativo, limitando gli azionamenti inutili del meccanismo. Complessivamente, tra reali e dimostrative penso di avere effettuato almeno 100 ricariche, tutte andate a buon fine e senza una goccia di inchiostro sulle dita.
Prova di durata. E’ stata solo fortuna?
Così come una giacca impermeabile deve essere in grado di affrontare una leggera pioggia senza che uno finisca inzuppato perché ha dimenticato a casa l’ombrello, un calamaio da viaggio che osi definirsi tale deve essere affidabile anche in viaggio. Non ero tanto convinto nemmeno su questo. Mi aspettavo una chiusura a vite, con una guarnizione, e non un semplice tappo a pressione. Avevo dunque il timore che potesse aprirsi involontariamente in viaggio, per effetto delle vibrazioni.
Questa verifica ha richiesto più tempo per essere portata a termine, ed è la ragione per cui la recensione la scrivo solo adesso. Ho riempito il calamaio a livello di acqua, nella quale avevo messo un paio di gocce di Pelikan Blue Royal. Poi ho tappato il calamaio e l’ho messo così com’è nella bustina trasparente che uso per portare i liquidi nel bagaglio a mano quando viaggio in aereo. Ho portato con me quella bustina per almeno 25 voli aerei nel corso di alcuni mesi, più alcuni viaggi in treno ed automobile. Nessun problema, nemmeno una goccia persa. Avevo messo un foglio di Scottex sul fondo della bustina proprio per evidenziare eventuali perdite. Visto il successo della prova, ho continuato a viaggiare con il calamaio al seguito, questa volta riempito di inchiostro “vero”. Ancora viaggi in aereo, treno ed auto e nessun problema. Solo un paio di volte ai controlli di sicurezza mi hanno aperto la bustina e lo hanno preso in mano per capire cosa fosse, ma quando ho spiegato che serve per ricaricare la penna stilografica con l’inchiostro e indicato la scritta nella loro lingua, lo hanno rimesso a posto. Uno di loro mi ha detto che pensava fosse una sigaretta elettronica. Non ho mai provato a fumarmi dell’nchiostro… chissà? Direi che come prova è abbastanza rappresentativa, anche perché è stata effettuata senza nessuna precauzione particolare. Mi sento di promuovere questo oggetto su tutta la linea.
Consigli su come portare a spasso il proprio calamaio ViscontiMentre la prova di durata proseguiva con successo, ho cominciato a ragionare su alcune possibili soluzioni da usare per avere il calamaio al seguito viaggiando con una penna stilografica a pistone. Cosa che al momento non sto facendo perché continuo a viaggiare con penne a cartuccia per le succitate ragioni di semplicità e praticità.
La prima, e più ovvia è di metterlo insieme alla penna in un portapenne a più posti. Sembra quella ideale, ma non lo è. Primo perché se viaggio in aereo poi mi tocca mettere il tutto dentro la bustina dei liquidi, secondo perché rispetto ad una penna normale, il calamaio è più largo e più corto. Quindi non tutti i portapenne vanno bene. Devono essere di quelli pensati per le penne oversize, diciamo dalla Dolcevita in su. Se i fermi sono ad elastico, si deve forzare un po. Inoltre, essendo corto, se il portapenne è di quelli ispirati ai portasigari, tende a scivolare sul fondo dell’alloggiamento e per estrarlo ci vuole un po’ di malizia, per non tirare e trovarsi con in mano solo il tappo del vano portafeltro. Comunque la soluzione ideale c’è, e non occorre andare troppo lontano. E’ rappresentata dal portapenne Dreamtouch della stessa Visconti. Portapenne disponibile in varie dimensioni. Il calamaio entra in uno dei vani e resta lo spazio per metterci un batuffolo di ovatta, che serve per pulire il pennino dopo la ricarica.
Un altro portapenne che sembra fatto apposta per il calamaio da viaggio Visconti è quello Markiaro in pelle monoposto. Non il modello normale, ma quello mini. Un paio di questi portapenne mi erano stati regalati da un noto venditore per la M205, ma sono calzati a misura per il calamaio.
Per chi invece è alla ricerca di una soluzione economica e per certi versi ancora più sicura, qualche tempo fa ho ricevuto un ricambio per una penna Delta, spedito in un tubo a sezione quadrata, formato da due pezzi che si incastrano uno sull’altro. Questo tubo sembra fatto apposta per contenere il calamaio Visconti. Basta infilare il calamaio nel tubo a sezione inferiore, poi infilare quello più largo sul primo fino a sentire una certa resistenza. Et voilà! Il tubo trattiene il calamaio senza che balli e lo tiene chiuso perché va in battuta sul tappo, evitando che possa aprirsi accidentalmente. E volendo si può avvolgere il calamaio in un fazzoletto di carta monouso o nel quadrotto di Scottex prima di infilarlo nel tubo, in maniera da avere a portata di mano la carta assorbente per asciugare il pennino. Certo, non è una soluzione elegante come la precedente, ma funziona alla grande ed è la più sicura tra le tre, senza contare che nel malaugurato caso di perdite, il tubo si può sciacquare sotto il rubinetto. Io ho usato il tubo Delta perché lo avevo a casa, ma ne ho visti di simili anche per altre marche, alcune stilografiche sono vendute in tubi simili, in plastica trasparente.
Conclusioni: carta, penna e calamaro… oops calamaioChe dire? Chapeau a Visconti per avere pensato e realizzato un oggetto del genere, che funziona benissimo, permettendo di ricaricare una penna stilografica in modo veloce, semplice e pulito. Ne consiglio l’utilizzo non solo in viaggio. Posso dare solo due consigli. Sostituire, come ho fatto io, il contagocce in dotazione con una pipetta in plastica monouso. Non è indispensabile farlo, e di sicuro il contagocce originale è molto più bello a vedersi, ma dal punto di vista della praticità il caricamento è molto più rapido, soprattutto quando il calamaio di inchiostro da cui si pesca è profondo e con l’imboccatura stretta. Il secondo consiglio è fare qualche prova con acqua prima di avventurarsi sul terreno dell’inchiostro. Serve a farsi la mano e a capire se penna e calamaio sono compatibili tra loro.
Insomma, non è un oggetto regalato, ma vale tutti i soldi che costa e per quel che mi riguarda lo posso solo consigliare!
Grazie ancora a Laura di Goldpen per avermi messo a disposizione il calamaio oggetto della prova ed avere pazientato fin tanto che la portassi a termine. Per questo motivo la prova sarà pubblicata anche nel sito Goldpen.